venerdì 1 dicembre 2006

Aibi: l’immagine è al servizio dei valori 

Unica tra le tante associazioni italiane che si occupano di adozioni a distanza e affidamento temporaneo a essersi schierata in favore della piccola Maria, l’Aibi, Amici dei bambini (www.aibi.it) ha portato avanti la propria battaglia sola contro tutti.
Ci riferiamo ovviamente al caso della bambina bielorussa in Italia per le vacanze estive, che la famiglia ospitante si rifiutava di riconsegnare alle autorità del suo paese, perché non dovesse tornare nell’orfanotrofio dove aveva subito terribili violenze.
Per bocca del suo presidente, Marco Griffini, l’Aibi aveva sostenuto con forza che la piccola doveva restare in Italia, dove aveva finalmente trovato una famiglia, diritto fondamentale di ogni bambino. In una trasmissione radio sul caso, Griffini aveva invitato l’ambasciatore bielorusso, senza tanti giri di parole, a mandare sua figlia all’orfanotrofio, se davvero ci si stava così bene.
Associazione Onlus tra le più attive e organizzate nel variegato panorama delle adozioni a distanza, con in piedi decine di progetti di sostegno in tutto il mondo, illustrati con grande dovizia di particolari nel proprio sito, vera miniera di informazioni sull’associazione, Aibi ha sempre dimostrato grande abilità nella cura della propria immagine e nella promozione delle proprie iniziative. Lo dimostrano campagne di comunicazione di grande effetto (qualcuno ricorderà quella intitolata “il figlio segreto di Maria Grazia Cucinotta”) e testimonial di primo piano quali Anna Oxa, Nancy Brilli, Eros Ramazzotti, Gianni Morandi, Antonella Clerici, Fabrizio Frizzi, Caterina Caselli, Bruno Pizzul e altri ancora. Si aggiungano le sponsorizzazioni di importanti aziende tra cui Chicco, Plasmon, Auchan, Danone, CartaSì, Microsoft, Fineco, Erg, S.Bernardo, Ina, Compagnia di S.Paolo.
Con l’impopolare presa di posizione per Maria, che le ha attirato contro gli strali di numerose associazioni omologhe, convinte che gli interessi della piccola bielorussa dovessero essere sacrificati a quelli della gran massa di bambini in attesa di venire in Italia, quasi che si trattasse di diritti contrapposti e non invece sullo stesso piano, Aibi non ha avuto paura di appannare la propria immagine ben costruita, ha rischiato, uscendone con una reputazione rafforzata.

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