lunedì 23 gennaio 2012

10 consigli per i piccoli imprenditori alle prese con un’agenzia di comunicazione

Siete piccoli imprenditori e vi trovate a dover utilizzare un’agenzia di comunicazione ? I vostri omologhi vi hanno già messo in guardia dicendo che perderete tempo, sprecherete soldi, non sarete compresi e, soprattutto, non raggiungerete i vostri obiettivi ? Se sì, posso capirvi. Il rapporto tra il piccolo imprenditore (ricordiamo che la definizione comprende titolari di aziende anche con alcune decine di dipendenti) e il comunicatore non è mai stato dei più facili. Pregiudizi, incomprensioni, obiettivi e punti di vista diversi hanno allontanato la comunicazione dalle piccole imprese, con notevole danno per entrambe le parti. Gli imprenditori non hanno potuto godere dei benefici di una comunicazione organizzata e sistematica, mentre i comunicatori che hanno visto diminuire le loro possibilità di lavorare, perdendo anche l’occasione di operare per una maggiore diffusione della comunicazione in questo ambito.

In questo post vorrei evidenziare, sotto forma di 10 pratici consigli, in che modo un piccolo imprenditore possa rapportarsi con successo con un’agenzia di comunicazione. Il punto di vista che prendo in considerazione qui è quindi quello dell’imprenditore.

1. Scegliete un’agenzia del vostro territorio, che ne conosce le problematiche e per così dire parla una lingua comune.

2. Chiedete con quali altre aziende della vostra zona e soprattutto delle vostre dimensioni ha lavorato. E’ essenziale per capire se può sintonizzarsi facilmente sulla vostra lunghezza d’onda.

3. Evitate le agenzie che hanno lavorato solo per grandi aziende.

4. Evitate le agenzie che puntano tutto sui social media. Voi avete bisogno di gente che sappia offrirvi consulenze su cataloghi, presentazioni di prodotti, partecipazioni a fiere, ecc. poco fumo e molto arrosto.

5. Esprimete chiaramente le vostre necessità e se vedete che storcono il naso, snobbano, se ne escono con sorrisetti ironici, dite loro serenamente addio e cercate qualcun altro.

6. Fate prima una ricerca su quelli che possono essere grosso modo i costi delle attività che volete portare avanti. Potrete così valutare se il budget che potete destinare alle attività di comunicazione è realistico o no.

7. Fate presente il budget che avete stanziato. Se vi sentite dire che con quella cifra non si può fare niente lasciate perdere l’agenzia.

8. Non fidatevi del primo a cui vi siete rivolti. Chiedete a più agenzie e fate i confronti. Non solo sul prezzo, valutate la proposta globalmente. Un preventivo un po’ più caro può essere molto più completo di uno che costa poco meno ma offre molto meno.

9. Cercate di farvi un’infarinatura di comunicazione, per capire meglio e scegliere meglio.

10. Pretendete rispetto per il vostro lavoro. Le aziende non si mandano avanti con la comunicazione soltanto, tutti i ruoli vi contribuiscono.

domenica 8 gennaio 2012

Il testamento di Alvise Barison per il futuro delle RP nell’Italia della crisi 

“Guardare avanti, sempre e senza drammatizzare”. Era il motto di Alvise Barison, precursore delle relazioni pubbliche in Italia, morto il 19 dicembre scorso.

Sopravvissuto a tre campi di concentramento, come ricorda l’articolo Ferpi da cui ho tratto la notizia, non aveva, probabilmente, più niente che potesse fargli paura.

La sua vita, anche professionale, è stata caratterizzata dal coraggio e dall’ottimismo ben espressi dalle parole citate.

Vorrei prendere quella frase e tenerla alta come una fiaccola che faccia luce nel tunnel buio cui questo 2012 appena iniziato assomiglia molto.

Esprimo l’augurio che tutti i relatori pubblici italiani ispirino a quelle parole il loro operare nell’anno che ci sta davanti, che vogliano assumersi il ruolo di esempio di coraggio e di ottimismo per tutti i lavoratori italiani e per tutti gli italiani.

Guardare avanti, sempre e senza drammatizzare. Lo diceva Alvise Barison, possiamo fidarci.

mercoledì 4 gennaio 2012

Trenitalia, chi lavora male comunica male  

E ‘ di oggi la notizia che Trenitalia ha tolto dal suo sito la fotografia della famiglia di immigrati che pubblicizzava la nuova quarta classe sul treno Frecciarossa. Questo dopo oltre un mese dallo scoppio della polemica: evidentemente non sono solo i suoi treni a essere in ritardo.

Trenitalia cura molto la pubblicità, sul sito e sui cartelloni che tappezzano le stazioni. Le situazioni presentate sono di solito gradevoli, anche se totalmente avulse da quella che è la realtà quotidiana della circolazione ferroviaria, chiedete a un pendolare o a qualcuno che viaggia anche poco ma sulle lunghe distanze, se avete bisogno di conferme.

Questa volta è anche la pubblicità a essere stonata, indipendentemente da quelli che possono essere i disservizi del fiore all’occhiello Frecciarossa.

Trenitalia ha un modo vecchio di intendere la comunicazione, si è fermata a quello che Grunig identifica come primo modello di pratica delle relazioni pubbliche, quello detto della press agentry o publicity, teorizzato da P.T. Barnum nell’Ottocento.

Si tratta, come è noto, di un modello di comunicazione asimmetrico (il destinatario dell’atto comunicativo si trova in posizione gerarchica inferiore rispetto al mittente - come i viaggiatori di Trenitalia costretti a bere le pubblicità propinate anche se ne conoscono già/verificano subito la non veridicità) e a una via (non è previsto il feedback del destinatario al mittente).

Nonostante il modello di Barnum sia stato seguito nel tempo da altri tre modelli (informazione, persuasione scientifica, negoziazione) l’ultimo dei quali teorizzato proprio da Grunig e di cui prende il nome, Trenitalia non ne ha preso atto.

Il quarto modello comunicativo, detto di Grunig o della negoziazione, si basa sull’ascolto dei pubblici dell’organizzazione, e non si stanca di ribadirne l’importanza.

“Si tratta di un ascolto non orientato solamente alla costruzione di messaggi efficaci da trasferire in funzione di obiettivi specifici dell’organizzazione, […] ma anche e soprattutto volto ad aiutare l’organizzazione stessa ad ottenere un posizionamento dinamico dei suoi sistemi di relazione con gli stakeholder o gli influenti, perseguendo fini che tengano anche conto dei loro interessi e valori, incorporandoli nei propri” (Toni Muzi Falconi in "Gorel, governare le relazioni, Ferpi, primavera 2002", cap. 5).

Cioè, per raggiungere i propri obiettivi di successo, un’organizzazione deve perseguire relazioni autentiche con i propri pubblici, ascoltandoli e incorporando le loro istanze nei sui programmi, e modificando i propri comportamenti qualora questi risultassero non adeguati in tal senso.

Se invece non è disposta a modificare niente del suo operare, del suo modo di essere, dovrà per forza creare una falsa immagine per cercare di coprire delle magagne che comunque prima o poi verranno fuori perché, a differenza dei tempi di Barnum, con gli strumenti attuali, un’organizzazione comunica come respira, e comunica quello che è, piaccia o no. Se lavora male, comunica male.