mercoledì 10 ottobre 2012

I sette peccati delle relazioni pubbliche. Settimo: complicare il linguaggio


L'ultimo della serie di errori che, secondo la Crenshaw, bollano i relatori pubblici come dilettanti è il Peccato no. 7: Complicare il linguaggio. Purtroppo, questa pessima pratica non si limita ai dilettanti. Invece di “unico”, “integrato”, “leader nel settore”, “soluzione strategica”, possiamo imparare a scrivere e parlare utilizzando parole più semplici e potenti? Beati coloro che comunicano in modo chiaro. (traduzione tratta dal sito Ferpi).

Come non essere d’accordo ? Proprio come sostiene l’autrice, si tratta di un peccato diffusissimo. Quante volte abbiamo evitato di usare questi termini in comunicati stampa, articoli, presentazioni per trovarceli in seguito inseriti ? (magari da qualcuno che per questo avrà giudicato il nostro stile troppo dimesso…). Quante aziende che a mala pena sopravvivono si autodefiniscono “leader di settore” ? Per saperlo basta inserire le frasi fatte su Google…

Il parere più autorevole in materia di semplificazione del linguaggio è  quello di Luisa Carrada, autrice di Il mestiere di scrivere che nel suo blog è tornata sull’argomento svariate volte. Vale la pena di citare alcuni suoi post (di cui riporto solo una parte, consigliandone però la lettura completa).  Sul sito ce ne sono molti altri, si trovano con i tag Ferri del mestiere e Lingua italiana. 


“Nella mia black list personale di parole da non usare ce ne sono parecchie e in questo passaggio d’anno ce ne butto altre due, usatissime nella comunicazione aziendale e inutili nel 95% dei casi.
Sono i verbi procedere e provvedere, seguiti da un verbo all’infinito o da un sostantivo:
provvedere al pagamento > pagare
procedere all’invio > inviare
Cominciate a farci caso e a toglierli. Le frasi saranno più brevi e più semplici, ma soprattutto più eleganti.
Less is more: era il motto di 
Mies van der Rohe
, creatore di architetture essenziali e leggerissime, slanciate verso il cielo.”

Chissà, forse il burocratese che abbonda nel linguaggio di altre funzioni aziendali (amministrazione, segreteria...) ha contagiato anche i comunicatori, che invece dovrebbero essere abituati a un linguaggio sintetico, tratto dal giornalismo.

In Insidiosi e formali aggettivi:

“Nella comunicazione di impresa, soprattutto quella di marketing, gli aggettivi sono una questione abbastanza spinosa.
In primo luogo perché la tendenza è quella di metterne troppi: perché rinunciare ad aggiungerne uno o due, almeno per arrivare al fatidico numero tre?
Un prodotto informatico non può che essere (almeno) flessibile, integrato e friendly.
Un servizio (qualsiasi) è (altamente) professionale, affidabile, tempestivo.
Uno stracchino morbido, gustoso e leggero.
Un bagnoschiuma delicato, profumato e rigenerante.
Poi ci sono aggettivi che viaggiano incollati a determinati sostantivi:

stimolante prefazione
prezioso suggerimento
suggestiva veduta
fattiva collaborazione
attiva partecipazione
significativa importanza
ambizioso obiettivo
eventuali ulteriori chiarimenti
opportuno approfondimento
esemplare comportamento
istruzioni operative

Il messaggio che implicitamente mandano è di brochureware o marketese, comunque di qualcosa di standard e scontato.”


Sa molto di copiato (dai testi altrui). Mancanza di fantasia, di capacità ?
Il rischio è di dare l’impressione, per chi pubblicizza questi prodotti/servizi, di essere il primo a non essere convinto dei pregi che decanta.