lunedì 29 novembre 2010

Non chiamiamole più Relazioni pubbliche

Chiamiamole Comunicazione d’impresa.

Sì, lo so, non sono la stessa cosa. Sono un settore particolare della Comunicazione d’impresa, che è una funzione più ampia, che ne comprende anche altre.

Ma vorrei lo stesso lanciare la provocazione. Non posso farne a meno, non dopo aver letto lo sfogo di Beppe Facchetti, presidente Assorel, a commento delle parole di Lele Mora.

Né pubbliche relazioni, né relazioni pubbliche. Perché è vero che l’ordine in cui si pongono le due parole introduce una differenza fondamentale, ma la gente non la coglie. Troppo lontano è il nostro mestiere dal sentire comune, che capisce perfettamente di che cosa si occupa un contabile, un centralinista, un addetto export, ma non ha mai sentito parlare di un relatore pubblico. Troppo lontano talvolta anche da certa cultura aziendale, che lo considera un costo, una perdita di tempo per gente con i grilli per la testa.

Che cosa fare allora ? Sottolineare le differenze, affannarsi a spiegare che il relatore pubblico che lavora in azienda o in agenzia nulla ha a che vedere con il pierre che distribuisce biglietti omaggio per reclamizzare un locale, figuriamoci con la prostituzione, Lele Mora e i suoi accoliti ?

Ribadire il concetto fino allo sfinimento, sviscerarlo nelle pieghe per cercare di farlo entrare in testa al vicino di casa, o a quello che ti è seduto accanto nello scompartimento del treno, che ti chiedono di che cosa ti occupi ? Certo che sì, se non siamo troppo stanchi per avere ancora voglia di farlo. Male non farà di sicuro.

Ma è ben lontano dal bastare, al punto in cui siamo, e la sparata di Mora ce lo deve far capire.

Diventa necessaria una cura d’urto, perché è troppo forte l’impatto che hanno le parole di Mora rispetto ai discorsi, dibattiti, conferenze, scritti, studi che evidenziano e ribadiscono l’utilità e la dignità di un mestiere molto molto serio (e utile alle aziende).

E allora, drasticamente, eliminiamo anche il termine “relazioni pubbliche”. Parliamo di comunicazione d’impresa. Ripartiamo da zero, diamo un colpo di spugna su una confusione inaccettabile e prendiamo nettamente le distanze da tutto ciò che è pierre nel senso più deleterio dell’espressione.

Il nostro mestiere di gente seria, onesta e preparata è la Comunicazione d’impresa. Lasciamo le pierre, pubbliche relazioni e perfino le relazioni pubbliche a Lele Mora e ai suoi personaggi ormai più da cronaca giudiziaria che mondana.

martedì 19 ottobre 2010

5 cose che una piccola azienda dovrebbe fare prima di decidere di aprire un blog

Aprire un blog è un’idea estremamente innovativa. Lo hanno fatto grandi aziende. Alcune di loro lo hanno chiuso dopo un po'.

Richiede un elevato consumo di risorse e non è una forma poco costosa di comunicazione, al contrario. Decidere se aprire o meno un blog è una decisione che va attentamente ponderata.

Lo dovrebbero fare solo le aziende che fanno già comunicazione a un certo livello.

Per verificare se avete questi requisiti minimi (e sottolineo minimi) qui di seguito trovate una breve checklist. In 5 punti comprende le azioni di comunicazione che dovete assolutamente aver già fatto. Se non le avete ancora fatte significa che non è ancora venuto il momento di provare ad aprire il blog.

1. Riaggiornate completamente il sito internet: grafica, struttura, contenuti.

Ci sono almeno due motivi:

a) non si può utilizzare un mezzo innovativo come il blog e avere un sito vecchio

b) il blog si aggancia direttamente al sito e deve essere coordinato.

2. Prendete l’abitudine di rispondere a tutti i messaggi di posta elettronica che arrivano. Se non interagite abitualmente con chi scrive come potete pensare di farlo con un blog. Inoltre le domande della gente possono fornire spunti per argomenti da approfondire nel blog. Non pensate che chi vuole comunicare con l’azienda usi sempre e comunque il blog. L’e-mail serve per fini diversi e complementari.

3. Preparate una cartella stampa con tutte le informazioni sull’azienda, che sia pronta in caso di eventuali contatti con giornalisti. Deve contenere tutte le informazioni di interesse (il presente, la storia, il fatturato, l’organigramma, i prodotti, i progetti per il futuro, ecc.) anche quelle che non sono nel sito.

4. Inserite nel sito una rubrica News e aggiornatela periodicamente. Oltre a dare al sito un’aria sempre aggiornata, anche quando i contenuti statici sono gli stessi da un po’, abitua ad entrare nella forma mentis di scrivere spesso e quindi trovare argomenti interessanti.

5. Se utilizzate materiale cartaceo per la vostra comunicazione (cataloghi, brochure, ecc), è opportuno controllare che non ci sia bisogno di ristampare o addirittura riaggiornare qualche cosa. Già che ci siete date un’occhiata anche ai biglietti da visita e alla carta intestata.

lunedì 11 ottobre 2010

E’ una buona idea aprire un blog per una piccola azienda ?

In epoca di crisi in cui il budget dedicato alla comunicazione è la prima voce a essere defalcata dai bilanci, aprire un blog aziendale può sembrare una buona idea per riuscire a comunicare con poca o nulla spesa.

Apparentemente l’operazione è a costo zero: la piattaforma è offerta gratuitamente, non ci sono costi di pubblicazione, ecc.

Ma la risposta alla domanda nel titolo, nella maggior parte dei casi, è no. Avere un blog può rivelarsi molto oneroso e, se non gestito adeguatamente, anche controproducente dal punto di vista comunicativo.

Se invece siete decisi ad avventurarvi su questa via che molte grandi aziende hanno giudicato troppo impervia, prima di procedere leggete qui di seguito.

1) Il blog richiede tempo. La persona che si occupa del blog ha un costo. Fate una attenta valutazione costi-benefici.

2) Il blog – ovviamente - non supplisce alla mancanza di qualità dei prodotti e/o servizi o all’assenza di strategie di vendite e marketing. La comunicazione deve creare valore aggiunto a un prodotto già buono e a strategie già definite.

3) Il blog deve fare parte di un programma di relazioni pubbliche che comprenda anche altri strumenti comunicativi. Difficilmente può essere l’unico strumento.

4) Il blog invia al pubblico dei messaggi che devono essere coerenti con gli obiettivi che volete raggiungere. Stabilite quindi gli obiettivi e decidete come volete essere visti dal pubblico. Che grado di apertura, di informalità si conviene ai vostri obiettivi ?

5) Si comunica quello che si è, quindi prima fate una seria riflessione sulla vostra identità, chiarite la mission, la vision, i valori e metterli per scritto come linee guida a cui ispirarsi per scrivere i post.

6) Decidete il taglio: se partite con il parlare solo dei prodotti, concentratevi su questi, e non inserite articoli di tipo istituzionale. Se volete cambiare strategia annunciatelo: “d’ora in avanti questo blog parlerà anche di…” oppure “si concentrerà su…” e spiegate perché, in modo che si capisca che il cambio di direzione è voluto e motivato, e non dovuto al fatto che siete rimasti senza argomenti.

7) Chiarite qual è il pubblico di riferimento perché ogni pubblico richiede un diverso approccio comunicativo e un diverso grado di formalità / informalità.

8) Definite una frequenza di massima per la pubblicazione dei post, che dovrete rispettare. Il blog aziendale è un lavoro, quindi non ci sono scuse per non postare per periodi lunghi. Se aprite il blog, deve essere inserito tra le priorità e non diventare l’ultima ruota del carro: non vi state dedicando a un passatempo, state perseguendo una vera e propria strategia di comunicazione.

domenica 3 ottobre 2010

10 cose che dovrebbero scomparire dai siti web delle aziende



Non solo inutili, fanno perdere tempo, creano disturbo e allontanano i visitatori dal sito, ottenendo il risultato contrario a quello che un’azienda vuole raggiungere.


1. Pesanti introduzioni in flash senza skip intro

2. Pesanti introduzioni in flash, tout court

3. Musica di sottofondo senza il pulsante per disabilitarla

4. Musica di sottofondo tout court (siti di argomenti musicali esclusi), in particolare quella che si attiva improvvisamente a tutto volume

5. Pagine News senza notizie

6. Pagine News con le ultime notizie inserite che risalgono al 2007 o anche prima (nel 2010)

7. Mancanza di un indirizzo e-mail per contattare l’azienda (spesso sostituito da un modulo con uno schema di compilazione rigido)

8. Cataloghi in pdf troppo pesanti da scaricare anche con l’adsl

9. Strutture con informazioni in sequenza (la classica freccia “next” che obbliga a scorrere le voci del menu una dopo l’altra senza poter scegliere l’ordine)

10. Parole sottolineate o evidenziate in colore blu, come fossero link, ma senza collegamento





martedì 29 giugno 2010

Quando le relazioni pubbliche non esistono


Avete mai provato a inserire un curriculum vitae per lavorare nella comunicazione in un portale di ricerca lavoro? Al momento di selezionare il settore in cui si desidera inserirlo si scopre spesso che definizioni quali “comunicazione” , “relazioni pubbliche”, “relazioni esterne”, “ufficio stampa” non sono previste.

Qualche volta sono annegate nel marketing e si trova marketing/pr.

Avete mai visto un organigramma aziendale con tutte le funzioni ben dettagliate - risorse umane, amministrazione, ufficio acquisti, ufficio commerciale, ricerca e sviluppo, controllo qualità - ma dove le relazioni pubbliche sono assenti ?

A volte compaiono anche uffici tipici dello specifico aziendale, come “studio e ricerca materiali”, “logistica integrata”, “selezione pietre preziose”, e altro ancora. Ma la Comunicazione non è menzionata.

Capita anche (qualche volta) che l’azienda in questione abbia un sito ben fatto, con una sezione News sempre aggiornata. Ma la figura di riferimento per la comunicazione non è elencata tra i nomi o i ruoli del management.

Avete mai telefonato a un’azienda per chiedere il nome del Responsabile Comunicazione, per una avere dichiarazione, un commento, un’intervista, e vi hanno risposto “non abbiamo questa funzione” ? Qualche volta ci si sente rispondere “se ne occupa il direttore commerciale”. Il direttore relazioni esterne non rientra nell’organico.

Avete mai cercato “comunicazione” sulle PagineGialle o su una qualsiasi directory web ? A meno che non cerchiate per una grande città, troverete nella categoria una marea di tipografie, agenzie che realizzano banner, cappellini e magliette, stampatori di adesivi per furgoni, produttori di stand fieristici, ecc. Agenzie che si occupino di “relazioni pubbliche” non compaiono.

E’ il vuoto delle relazioni pubbliche. E lascia in chi ci viene a contatto uno stridente senso di nullità, ancora di più se lo si confronta con quello che è l’impegno dei relatori pubblici e degli studiosi di questa disciplina a livello lavorativo, associativo, universitario, post-universitario, congressuale, nazionale, internazionale e globale.

giovedì 17 giugno 2010

I finti tifosi della Corea del Nord


Ci informa Eurosport che i sostenitori della Corea del Nord visti sulle gradinate dello stadio durante la partita di Coppa del Mondo con il Brasile non sono veri tifosi ma attori cinesi appositamente pagati (!): i coreani infatti non potrebbero permettersi un viaggio così costoso.

Questo pseudo evento organizzato dalla Commissione Sport nordcoreana fa pensare alle relazioni pubbliche primissima maniera, più o meno di un secolo fa, in cui contava dare del fumo negli occhi e creare illusioni di realtà, che nascondessero quello che succedeva per davvero.

Una specie di carrozzone un po’ kitsch che dubitiamo abbia ingannato i coreani veri, quelli rimasti in patria a vedere le partite in tv. Se noi occidentali in questo caso potremmo prendere lucciole per lanterne per mancanza di consuetudine con le caratteristiche somatiche che differenziano le etnie, fra di loro si riconoscono benissimo.

Ma se anche così non fosse ci ha pensato lo Sport Management Group cinese - a cui la Commissione Sport nordcoreana ha commissionato la kermesse - a svelare l’inganno, e ci si chiede perché lo ha fatto e anche se adesso dovrà pagare una penale, per aver svelato il “programma di pr” di un “cliente”. E chissà se i calciatori hanno avuto impressione di tifo vero, se si sono sentiti davvero incoraggiati o se la sensazione di finto l’hanno percepita anche loro.

Visto che di investimento si trattava comunque, per spesare e ricompensare gli attori, meglio sarebbe stato inviare davvero una delegazione di tifosi nordcoreani, magari scelti tra quelli di un club organizzato, per non fare torti a nessuno e garantire un tifo di un certo livello.

Sarebbero state relazioni pubbliche del 21esimo secolo, che agicono per modificare la realtà, segnale di modernità per un paese che ne ha bisogno, e non una messinscena che non convince nessuno.

mercoledì 28 aprile 2010

La strategia dello spremiagrumi per le PMI


Spremere la comunicazione come un limone è la parola d'ordine delle piccole aziende che, con budget ancora più ridotti in tempi di crisi, devono sfruttare al massimo ogni azione comunicativa, così da ottenere il massimo risultato anche con risorse ridotte.

Ai relatori pubblici che operano in tali aziende è richiesto uno sforzo di creatività e un fiuto da segugio per non farsi sfuggire la minima occasione.

Leggi l'articolo completo su Comunitàzione.it, il portale del marketing e della comunicazione.

mercoledì 21 aprile 2010

Approvato il Registro delle Opposizioni: ma le telefonate promozionali hanno ancora senso ?

Approvato il Registro delle Opposizioni, ora i privati cittadini dovranno inserire il loro nome se non vorranno più essere disturbati dalle telefonate di aziende che tentano di vendere qualcosa.

Chi non sarà iscritto avrà implicitamente dato il consenso al disturbo telefonico.

Si possono fare considerazioni di vario genere sull’opportunità, o meno, di questo registro (contravviene anche a una norma comunitaria), dall’aumento della burocrazia, al fatto che gli utenti molto anziani, sempre che ne vengano a conoscenza, dovranno affrontare un’ulteriore preoccupazione di tipo amministrativo.

Mi interessa però vedere le implicazioni dal punto di vista della comunicazione. Sancire l’esistenza di un tale registro significa autorizzare formalmente le aziende a intraprendere un tormentone di quello che troppo pomposamente – oltre che erroneamente - viene chiamato telemarketing.

Erroneamente perché il marketing consiste nello scoprire le esigenze dei consumatori e dar loro risposta. A volte, creare l’esigenza. Questo processo richiede in genere ricerche e studi che, diventando i consumatori sempre più smaliziati, raggiungono un notevole grado di complessità e di personalizzazione.

Oggi più un prodotto è tagliato sulle esigenze di una specifica categoria di consumatori più ha possibilità di essere acquistato. In caso contrario la scelta cadrà facilmente sulla concorrenza.

In conclusione:

1) disturbare le persone a casa interrompendole nelle loro occupazioni non è marketing, ma ne è l’antitesi, perché spara nel mucchio: non importa se hai appena comprato una scorta di olio o di vino per sopravvivere un anno in un bunker, cercheranno comunque di vendertene qualche bottiglia.

2) Mi chiedo se le aziende che sfruttano questa attività per promuovere i loro prodotti siano consapevoli dei costi (telefonate, tempo dedicato dagli operatori, reperimento numeri telefonici ecc.) e di come lo stesso budget potrebbe essere adoperato molto fruttuosamente facendo comunicazione in modo serio.

lunedì 15 marzo 2010

Piccole imprese, mancanza di credito, tagli alla comunicazione

Da un lato i relatori pubblici che da più parti (uno per tutti Gialunca Comin) osservano che le piccole imprese non comunicano abbastanza.

Dall’altra gli imprenditori che si lamentano che le banche non sono più disposte a concedere credito con la facilità con cui lo facevano in passato (vedi commenti al post di Gianluca Comin).

Il ragionamento è il seguente: c’è la crisi che obbliga a tagliare i fondi, le banche non fanno credito, bisogna risparmiare, ergo : non ci sono soldi da spendere per la comunicazione.

Il sillogismo (mi si passi il termine) parrebbe filare. Ma è un falso sillogismo. Dove si dice che bisogna risparmiare solo o soprattutto sugli investimenti in comunicazione ?

Quando bisogna stringere i cordoni della borsa si cominciano a eliminare le cose inutili: tagliare sulla comunicazione significa che la si considera un accessorio, qualcosa che si fa quando ci sono dei soldi da spendere (magari “dei soldi da buttare”).

Il problema è qui, non nella mancanza di fondi. Se la comunicazione non è importante i soldi non si troveranno mai, neanche quando le entrate saranno cospicue. Ci sarà sempre qualche altra spesa più urgente, e non sempre questa spesa sarà un investimento, come la comunicazione (ben fatta) è.

La comunicazione deve diventare una priorità. Questo prima ancora che si trovino i soldi. Perché la comunicazione deve essere pensata, prima ancora che realizzata, e pensata strategicamente, in modo che sia un investimento redditizio. La comunicazione fatta alla meno peggio fa presto a creare dei costi che poi non rientrano, pensiamo a costosi cataloghi di prodotti a cui non corrispondono volumi di vendita adeguati.

In questi tempi di crisi molti imprenditori stanno già preparando delle strategie di azione per il futuro. Che siano strategie di sopravvivenza, mantenimento, crescita (ci sono anche aziende in crescita anche se fanno più notizia le altre), ristrutturazioni, la comunicazione - in primis le relazioni pubbliche - può (deve) entrare a far parte di queste riflessioni.

In un commento a un mio post (non cercatelo sul blog, me l’ha inviato via e-mail per problemi di registrazione) Toni Muzi Falconi sottolineava tra l’altro l’importanza di fare network:

Se consideriamo come piccolo imprenditore colui che 'non aspira a diventare grande', avendo deciso di fare parte di un più ampio ciclo produttivo in un ruolo di nicchia, fra le competenze e le abilità che gli sono indispensabili, è quella di riuscire a governare con efficacia le relazioni dell'impresa con i suoi pubblici: clienti, fornitori, dipendenti, collaboratori, istituzioni e media locali e di categoria (on e off line), associazioni, comunità locale etc...

A me sembra che si possa partire da qui. In tempi di crisi può anche essere l’unica cosa che si fa. Ma resta un punto di partenza su cui costruire il resto.

domenica 7 marzo 2010

Portare la comunicazione nelle piccole imprese Un mio contributo per Ferpi

Ringrazio la Ferpi per aver ospitato un mio intervento, in particolare Giancarlo Panico, responsabile informazione ed editoria, che mi aveva sollecitato un contributo, e le persone intervenute con i loro commenti, tutti molto qualificati.

Ho scelto di parlare di quanto sia determinante per i relatori pubblici iniziare un’opera di proselitismo nei confronti degli imprenditori, per convincerli a comunicare in maniera organizzata.

Portare la comunicazione nelle piccole imprese rappresenta una delle maggori sfide per il futuro di questa professione. La posta in palio è l’apertura di opportunità finora insperate per i relatori pubblici, ma anche per gli imprenditori.

E’ impensabile credere che il nostro settore possa diffondersi in Italia senza far breccia all’interno del 90 % delle aziende (tante ci dicono le statistiche sono quelle del comparto medio-piccolo).

Le imprese di provincia, quelle a forte tradizione familiare, spesso poco più che realtà artigianali, fanno poco rumore, sommerse dai grossi marchi con sede a Milano o Roma, con fior di uffici stampa e relazioni con il pubblico, ma fatturano.

Diffondere la cultura della comunicazione deve passare anche da qui, dalle piccole realtà periferiche, che non fanno (ancora) notizia sui quotidiani.

giovedì 28 gennaio 2010

Decalogo 2010 per il relatore pubblico della piccola impresa

Chiariamo subito che qui si parla di MPI (micro e piccole imprese, fino a 50 dipendenti e tra i 2 e i 5 milioni di fatturato) e che molte di queste realtà, soprattutto in provincia, sono alquanto al di sotto del tetto massimo, quanto a dipendenti e fatturato.

Le caratteristiche particolari di queste aziende fanno sì che il relatore pubblico che vi opera si trovi ad affrontare delle sfide diverse da coloro che curano la comunicazione e le relazioni esterne nelle multinazionali.

Senza avere la pretesa di essere un vero e proprio decalogo, questa serie di annotazioni mettono in luce queste specificità e propongono alcuni spunti su come affrontarle.

1. Ricordati che sei una rarità: anche se le statistiche ci dicono che le MPI sono una bella percentuale delle industrie italiane (il 95 % se si considerano le PMI), di solito non assumono figure dedicate alla comunicazione. Tienilo presente e sappi che lavori per un imprenditore illuminato, che investe in un settore che per molti è solo un costo da tagliare.

2. Molto probabilmente non ricopri un ruolo strategico ma un ruolo operativo, gestendo la comunicazione secondo le direttive che ti vengono dall’alto. Non preoccuparti: puoi dare un contributo rilevante anche così.

3. Inoltre, lavorando in un ambiente piccolo, hai la possibilità di curare tutti gli aspetti della comunicazione, e quindi di imparare di più.

4. Nella maggior parte dei casi avrai a disposizione un budget ridotto: sfrutta la mancanza di risorse economiche per spremerti le meningi e diventare creativo. Di creare inziative roboanti con tanti soldi sono capaci (quasi) tutti.

5. Se lavori in provincia punta a diffondere la conoscenza della tua organizzazione in ambiti più vasti (con il web i confini sono il mondo) ma non sottovalutare il ruolo che la piccola stampa locale può avere nel contribuire alla reputazione della tua azienda.

6. Le relazioni con i media locali sono più facili di quelle con la grande stampa, le notizie rilevanti sono meno e maggiori gli spazi da riempire, mentre i giornalisti sono sempre a caccia di notizie. Per poter sfruttare la situazione, bisogna però che si tratti di vere notizie e non di pubblicità di prodotti travestite.

7. Nelle MPI comunicazione è spesso sinonimo di produzione di depliant e cataloghi cartacei. Non neghiamo che siano importanti ma cerca di non limitare a questi la tua sfera di azione. Amplia la comunicazione il più possibile. Negli ambienti piccoli è facile avere la sensazione che ci sia poco da comunicare. Quindi dovrai andare a caccia di informazioni come un segugio e rivoltare ogni possibile indizio come un calzino, per scoprirne il lato eventualmente interessante per il pubblico.

8. Aggiorna il sito internet (soprattutto la sezione delle News se è presente). Non commettere l’errore di affidare la gestione completa del sito a una web agency che, una volta realizzatolo, non ha più interesse ad aggiornarlo. Il sito è una cosa viva, va curato e nutrito.

9. Se ti trovi a lavorare con un’agenzia di comunicazione per la realizzazione di supporti comunicativi, web o cartacei, ricorda che è l’agenzia al tuo servizio: sei tu che gestisci la comunicazione dell’azienda e sei al corrente degli obiettivi, affidati a loro per le questioni tecniche (grafica, ecc.) ma non perdere di vista il quadro generale e tieniti l’ultima parola nelle decisioni.

10. Infine, ti potrà capitare che ti si chieda di occuparti anche di altro, oltre che di comunicazione. Le MPI – e più sono piccole e più frequentemente ciò accade - tendono a utilizzare il personale a 360°, al di là del ruolo per il quale le persone sono state assunte. Se capita, non lamentarti, ma approfittane per apprendere nuove competenze.