lunedì 23 febbraio 2009

Web e nuove relazioni con i media  

Il ciclo della notizia di Biagio Carrano presenta esattamente quella che è la sfida principale di chi si occupa oggi di relazioni con i media: avere a che fare con un universo in continua evoluzione e completamente incontrollabile, quello del web 2.0. In cui chiunque può riprendere una notizia anche morta e sepolta e riportarla all’attenzione dei suoi lettori. Oppure mettere in piazza il cattivo comportamento di un’azienda, con ripercussioni imprevedibili.

Se un blogger postasse un video che denuncia i comportamenti scorretti della tua azienda o gli strafalcioni dei suoi dirigenti di vertice come risponderesti? Con un comunicato stampa? Ma dai, saremmo ben oltre la soglia del ridicolo comunicazionale. E se domani qualcuno (un mattacchione, un concorrente, un nemico) creasse un gruppo su FaceBook del tipo “Vittime dell’inaffidabilità dei prodotti XY” o “Vaffanculo all’amministratore delegato di banca ZW”? Risponderemmo con una contropagina su FB a nostro favore? Evitiamo il ridicolo anche stavolta. Il circuito notizia-smentita-rettifica mostra la corda anche sui canali tradizionali, figuriamoci su internet.
L’interrogativo che si pone Carrano non è da poco, ma una risposta bisogna pure darsela, perché queste ormai sono le regole, per chi vuole partecipare.
Tanto si chiede Carrano.

Come sarebbe giusto fare secondo me ?

Se un blogger denuncia il comportamento scorretto di un’azienda, il primo compito di chi si occupa di relazioni pubbliche è quello di convincere chi ne ha il potere/la responsabilità a correggere il comportamento. E poi comunicare il cambiamento. Con un comunicato stampa ? Dipende. Se la notizia ha avuto molta rilevanza, certamente un comunicato nel sito aziendale (o anche su un quotidiano a diffusione locale/nazionale a seconda del rilievo della notizia) non è a priori una cattiva idea, come neanche un post nel proprio blog, se l’azienda ne ha uno. O un commento al post del blogger protestatario.

La scelta del mezzo va ponderata, certo, ma conta di più il tipo di reazione che ha l’azienda, se dimostra o meno di voler/sapere rimediare, il modo in cui si esprime (un tono burocratico e arrogante invaliderebbe anche le migliori attenzioni), come dimostra di sapere gestire la faccenda e con quale tempestività.

Credo che si rischi di cadere nel ridicolo non tanto per il mezzo che si usa, quanto per quello che si dice e per i toni in cui lo si dice. E soprattutto se, dopo aver annunciato un rimedio/un cambiamento, non lo si realizza in maniera completa e soddisfacente.

Smentire a mio avviso è essenziale (a meno che non si tratti di una contestazione di così basso livello, per come è scritta e per quello che dice, che si commenta da sola e allora in questo caso si fa più bella figura a lasciare perdere). Farlo bene ancora di più, e prima lo si fa meglio è.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Buongiorno,

la contatto per proporle una partnership con la mia azienda (vistaprint). Mi puo mandare un'email (msantin@vistaprint.com) con i suoi contatti?

Saluti
Mattia

Biagio Carrano ha detto...

Ciao Enrica,
attenzione: io non affermo che non bisogna smentire. Quello che intendo evidenziare e che la moltiplicazione dei media ha sviluppato una asimmetria comunicazionale che non più quella classica del broadcasting ma molto più orizzontale e diffusa. Una volta la smentita aveva una omogeneità o simmetria del mezzo: fatti inesatti o diciarazioni scorrette sul quotidiano veniva seguita da una smentita con richiesta di rettifica ex lege sul medesimo quotidiano. E idem per la televisione o la radio. Oggi non basta smentire sul mezzo che ha riportato quella notizia. Dico non basta e intendo dire che oltre alle doverose smentite bisogna saper sviluppare una strategia di comunicazione costante su mezzi plurimi, proprio per affrontare l'asimmetria e la disomogeneità che i media personali e sociali hanno introdotto nella comunicazione( meno male, direi!).
Di questo mi riprometto di parlare più diffusamente su uno dei miei prossimi post su L?immateriale, www.biagiocarrano.blogspot.com.

Biagio Carrano ha detto...

Ciao Enrica,
attenzione: io non affermo che non bisogna smentire. Quello che intendo evidenziare e che la moltiplicazione dei media ha sviluppato una asimmetria comunicazionale che non più quella classica del broadcasting ma molto più orizzontale e diffusa. Una volta la smentita aveva una omogeneità o simmetria del mezzo: fatti inesatti o dichiarazioni scorrette sul quotidiano venivano seguite da una smentita con richiesta di rettifica ex lege sul medesimo quotidiano. E idem per la televisione o la radio. Oggi non basta smentire sul mezzo che ha riportato quella notizia. Dico non basta e intendo dire che oltre alle doverose smentite bisogna saper sviluppare una strategia di comunicazione costante su mezzi plurimi, proprio per affrontare l'asimmetria e la disomogeneità che i media personali e sociali hanno introdotto nella comunicazione(e meno male, direi!).
Di questo mi riprometto di parlare più diffusamente in uno dei miei prossimi post su L'Immateriale, www.biagiocarrano.blogspot.com.

Anonimo ha detto...

Ciao Biagio,
grazie del commento. Sono d’accordo con te e con la tua analisi dei media odierni. Nel mio post ho voluto approfondire la questione della smentita, in determinate situazioni in cui l’azienda riceve una critica. Questo non significa che non sia assolutamente necessaria una strategia globale di comunicazione su media diversi da quelli del passato. Un’azienda che usa i nuovi media solo per difendersi in occasione di un attacco, infatti, oltre a non poter avere l’esperienza per affrontare la situazione specifica con successo, non risulterebbe neanche credibile e il suo intervento apparirebbe una forzatura.
Aspetto il tuo post di approfondimento.

Giovanni Romito ha detto...

Il problema è che non si può sapere a priori se una notizia avrà o meno rilevanza nella blogosfera. Basta infatti un minimo imponderabile per viralizzare un contenuto. Per questo le aziende dovrebbero essere sempre e continuamente Corporate responsible: http://giovanniromito-csr.blogspot.com/

Anonimo ha detto...

@ Giovanni Romito

Infatti, come per un virus, prima ci si accorge di essere stati infettati, e prima ci si può curare. La tempestività è importante (talvolta essenziale) per sconfiggere la malattia. Lo stesso vale per un’azienda che si trovi a dover mettere in atto delle contromisure per rispondere a delle accuse fattele online. Per continuare con la metafora medicale: a lasciar passare troppo tempo si rischia che l’infezione si propaghi.

Giovanni Romito ha detto...

Cara Enrica, la metafora medicale calza. Infatti la responsabilità sociale non è "reazione" ma "azione", non è una dieta contro il sovrappeso ma una serie di corrette abitudini alimentari.