
Chi non sarà iscritto avrà implicitamente dato il consenso al disturbo telefonico.
Si possono fare considerazioni di vario genere sull’opportunità, o meno, di questo registro (contravviene anche a una norma comunitaria), dall’aumento della burocrazia, al fatto che gli utenti molto anziani, sempre che ne vengano a conoscenza, dovranno affrontare un’ulteriore preoccupazione di tipo amministrativo.
Mi interessa però vedere le implicazioni dal punto di vista della comunicazione. Sancire l’esistenza di un tale registro significa autorizzare formalmente le aziende a intraprendere un tormentone di quello che troppo pomposamente – oltre che erroneamente - viene chiamato telemarketing.
Erroneamente perché il marketing consiste nello scoprire le esigenze dei consumatori e dar loro risposta. A volte, creare l’esigenza. Questo processo richiede in genere ricerche e studi che, diventando i consumatori sempre più smaliziati, raggiungono un notevole grado di complessità e di personalizzazione.
Oggi più un prodotto è tagliato sulle esigenze di una specifica categoria di consumatori più ha possibilità di essere acquistato. In caso contrario la scelta cadrà facilmente sulla concorrenza.
In conclusione:
1) disturbare le persone a casa interrompendole nelle loro occupazioni non è marketing, ma ne è l’antitesi, perché spara nel mucchio: non importa se hai appena comprato una scorta di olio o di vino per sopravvivere un anno in un bunker, cercheranno comunque di vendertene qualche bottiglia.
2) Mi chiedo se le aziende che sfruttano questa attività per promuovere i loro prodotti siano consapevoli dei costi (telefonate, tempo dedicato dagli operatori, reperimento numeri telefonici ecc.) e di come lo stesso budget potrebbe essere adoperato molto fruttuosamente facendo comunicazione in modo serio.
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