lunedì 15 marzo 2010

Piccole imprese, mancanza di credito, tagli alla comunicazione

Da un lato i relatori pubblici che da più parti (uno per tutti Gialunca Comin) osservano che le piccole imprese non comunicano abbastanza.

Dall’altra gli imprenditori che si lamentano che le banche non sono più disposte a concedere credito con la facilità con cui lo facevano in passato (vedi commenti al post di Gianluca Comin).

Il ragionamento è il seguente: c’è la crisi che obbliga a tagliare i fondi, le banche non fanno credito, bisogna risparmiare, ergo : non ci sono soldi da spendere per la comunicazione.

Il sillogismo (mi si passi il termine) parrebbe filare. Ma è un falso sillogismo. Dove si dice che bisogna risparmiare solo o soprattutto sugli investimenti in comunicazione ?

Quando bisogna stringere i cordoni della borsa si cominciano a eliminare le cose inutili: tagliare sulla comunicazione significa che la si considera un accessorio, qualcosa che si fa quando ci sono dei soldi da spendere (magari “dei soldi da buttare”).

Il problema è qui, non nella mancanza di fondi. Se la comunicazione non è importante i soldi non si troveranno mai, neanche quando le entrate saranno cospicue. Ci sarà sempre qualche altra spesa più urgente, e non sempre questa spesa sarà un investimento, come la comunicazione (ben fatta) è.

La comunicazione deve diventare una priorità. Questo prima ancora che si trovino i soldi. Perché la comunicazione deve essere pensata, prima ancora che realizzata, e pensata strategicamente, in modo che sia un investimento redditizio. La comunicazione fatta alla meno peggio fa presto a creare dei costi che poi non rientrano, pensiamo a costosi cataloghi di prodotti a cui non corrispondono volumi di vendita adeguati.

In questi tempi di crisi molti imprenditori stanno già preparando delle strategie di azione per il futuro. Che siano strategie di sopravvivenza, mantenimento, crescita (ci sono anche aziende in crescita anche se fanno più notizia le altre), ristrutturazioni, la comunicazione - in primis le relazioni pubbliche - può (deve) entrare a far parte di queste riflessioni.

In un commento a un mio post (non cercatelo sul blog, me l’ha inviato via e-mail per problemi di registrazione) Toni Muzi Falconi sottolineava tra l’altro l’importanza di fare network:

Se consideriamo come piccolo imprenditore colui che 'non aspira a diventare grande', avendo deciso di fare parte di un più ampio ciclo produttivo in un ruolo di nicchia, fra le competenze e le abilità che gli sono indispensabili, è quella di riuscire a governare con efficacia le relazioni dell'impresa con i suoi pubblici: clienti, fornitori, dipendenti, collaboratori, istituzioni e media locali e di categoria (on e off line), associazioni, comunità locale etc...

A me sembra che si possa partire da qui. In tempi di crisi può anche essere l’unica cosa che si fa. Ma resta un punto di partenza su cui costruire il resto.

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