Secondo un report di Seat Pagine Gialle di luglio 2008, il 61 % delle PMI italiane esporta, con un fatturato medio proveniente dall’estero del 37 %.
La maggior parte di queste aziende predilige internet come mezzo per promuovere la propria attività fuori dai confini nazionali.
Se ne deduce che avere un sito in inglese è obbligatorio.
Ma quale versione di inglese usare ?
Il “guru dell’usabilità” Jakob Nielsen, consiglia di scegliere una variante linguistica e usare sempre quella, evitando di saltare dall’una all’altra nello stesso contesto, per evitare un’impressione di sciatteria.
Poche e chiare le regole per i siti di paesi in cui l’inglese è la lingua locale, mentre il problema – Nielsen si rende conto – sorge quando il sito rappresenta l’azienda di un posto dove si parla un’altra lingua.
E’ il caso delle PMI italiane che devono usare un linguaggio internazionale per raggiungere una clientela più vasta.
Scartando l’ipotesi di principio secondo cui bisognerebbe creare una versione del sito per ogni variante linguistica utilizzata nelle zone in cui si hanno clienti, Nielsen consiglia di scegliere un’unica variante dopo avere effettato un’attenta riflessione.
Infatti, non solo pare che gli utenti di madre lingua inglese siano piuttosto permalosi riguardo alla scelta, ma questa incide anche sull’indicizzazione nei motori di ricerca.
Personalmente preferisco il British English, che mi sembra privo di connotazioni troppo locali, quindi adatto a un pubblico internazionale che usa l’inglese come seconda (o anche terza) lingua esclusivamente per farsi capire, senza necessità di provare quelle sensazioni di appartenenza a una community che provengono dal fatto di usare un comune linguaggio fortemente connotato.
Confesso che però sono di parte: ho imparato l’inglese in Inghilterra e sono piuttosto affezionata a questo paese, mentre non ho lo stesso feeling per l’American English, a causa di frequentazioni più brevi.
E voi quale pensate sia l’inglese più adatto ? Avete delle esperienze particolari in merito ?
2 commenti:
Noi usiamo normalmente l'inglese britannico (il sito è anche in francese e spagnolo).
ma lavoriamo quasi nulla in USA.
Tralasciamo di localizzarlo per ogni mercato... sono più di 60 paesi, sarebbe un po' problematico per una piccola azienda.
Sì, anche io sono del parere che, se bisogna fare un investimento linguistico, sia preferibile spendere per tradurre il sito in altre lingue. Per esempio in francese, tedesco e spagnolo, molto diffuse nel mondo del commercio. I francesi faticano a usare l’inglese (anche quando lo conoscono) e con loro la lingua di corrispondenza è sempre il francese, quindi un sito tradotto anche in questa lingua è un grosso vantaggio. Idem per i tedeschi che, anche se hanno una maggiore propensione all’inglese, preferiscono decisamente usare il tedesco. Gli spagnoli conoscono abbastanza bene l’inglese ma se si ha una vasta clientela di quella lingua penso sia una scelta corretta far tradurre il sito.
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