
Ho trovato di molto interesse le argomentazioni di Blographik e dei suoi numerosi commentatori, tutti web designer vogliosi di sbizzarirsi in creazioni originali, e tutti, in genere, incompresi dai clienti (le aziende).
Da un lato non si può non simpatizzare con il desiderio di sfrenare la propria creatività e il proprio talento e realizzare ogni volta siti-cammeo, condensati di originalità e di innovazioni tecniche. Piccoli capolavori da inserire in portfoli quasi fossero cataloghi di mostre d’arte.
Il webmastering come forma d’arte, e chi può negare che lo sia ?
Ma l’arte si scontra con la grigia realtà di tutti i giorni, quella delle aziende alle prese con budget, fatturati, clientele da accontentare, imprenditori che non capiscono i nuovi linguaggi del web, si lamentano i creativi, che quasi sarebbe meglio non lavorare per loro.
Si tratta di problematiche note a quasi tutti coloro che lavorano in azienda - con ruoli diversi - nella comunicazione, perché in esse ci si imbatte almeno per l’80 % del tempo.
Vorrei quindi provare a presentare il punto di vista delle aziende e spiegare perché non è possibile, quasi mai, realizzare siti aziendali che siano capolovarori di arte web del 21esimo secolo.
1.
L’imprenditore (o il responsabile della comunicazione) che commissiona la realizzazione di un sito a un web designer non desidera un’opera d’arte (a meno che ovviamente non si tratti del sito di un museo o cose del genere, ma forse neanche). Vuole un sito per comunicare determinati contenuti, che possono anche avere a che fare con la ferramenta, i laminati plastici, i semilavorati in legno e altre cose del genere molto poco artistiche, ma che sono i suoi prodotti e che deve vendere.
2.
La decisione di avere un sito fa parte di una strategia di comunicazione più generale, e il sito deve rispondere ai criteri di questa strategia. Il sito è una tattica, non è la strategia, e quindi alla strategia si deve adeguare.
3.
Per contro, tutto quello che non contribuisce a sviluppare la strategia è eliminato, perché complica la comprensione del messaggio che si vuole trasmettere, come un accessorio vistoso e ridondante che calamita lo sguardo impedendo di notare l’eleganza dell’insieme.
4.
Infine, ebbene sì, abbiamo anche problemi di budget. Sapete com’è, avevamo appena iniziato a renderci conto che spendere per la comunicazione si deve perché non è un costo ma un investimento che ci arriva tra capo e collo la crisi. E mentre cerchiamo di non tagliare gli investimenti in comunicazione, consapevoli del fatto che saranno proprio loro ad aiutare la ripresa, nel contempo cerchiamo di fare di più con meno.
E così i web designer fanno la fine degli stilisti di moda, che sulle passerelle presentano creazioni magnifiche quanto importabili, ma che nelle collezioni pret-à-porter devono inserire gli abiti che le clienti possano indossare facilmente. Gli stupendi abiti di Capucci sono protagonisti di mostre, ma non li vedrete mai addosso a qualcuna nella vita di tutti i giorni.