In un’azienda esistono varie funzioni: la contabilità, gli acquisti, l’ufficio tecnico (o ricerca e sviluppo se preferite), il commerciale/vendite, la logistica, il marketing, le risorse umane, la finanza, il servizio post-vendita, le relazioni pubbliche (e altre ancora a seconda delle necessità della singola realtà aziendale).
Se il fine delle relazioni pubbliche è creare e mantenere relazioni costruttive con i pubblici di interesse, utilizzando la comunicazione e i suoi strumenti per perseguire gli obiettivi aziendali, allora tutte le funzioni (o uffici, o dipartimenti, ecc.) hanno bisogno di possederne le competenze.
Senza relazioni efficaci un’azienda non può ottenere materie prime (funzione acquisti), creare e vendere prodotti che il pubblico desideri acquistare (marketing, commerciale e vendite), distribuirli (logistica e organizzazione trasporti), fidelizzare i clienti tramite la soluzione di eventuali problemi e la ricerca di soluzioni personalizzate (customer service a assistenza post-vendita), ottenere buone condizioni e finanziamenti dalle banche (amministrazione e finanza). Eccetera.
Per fare ciò occorre avere competenze comunicative: saper parlare e scrivere, sapersi relazionare, utilizzare gli strumenti operativi della tecnologia (e-mail, internet, ecc).
Che sono proprio gli strumenti delle relazioni pubbliche.
Allora, se chi ricopre un’altra funzione ha bisogno di acquisire la capacità di usare questi strumenti e queste competenze, ai relatori pubblici che funzione resterà ? Se le relazioni pubbliche sono una competenza trasversale, che tutti devono possedere, c’è ancora bisogno di qualuno che si dedichi solo e specificamente a quello ?
Quando finalmente tutti saranno capaci di fare quello che fa un relatore pubblico, le relazioni pubbliche vedranno la loro scomparsa come funzione aziendale ?
Il momento più elevato, quello in cui saranno più compiutamente realizzate, perché tutti ne saranno capaci, coinciderà con la loro fine ?
2 commenti:
cara amica,
considero molto acute le tue osservazioni, e fondate le preoccupazioni alla base delle domande che ti fai (e fai a noi).
Il relatore pubblico svolge per una organizzazione tre ruoli:
°quello tecnico (identifico gli interlocutori, sviluppo contenuti e li trasferisco attraverso strumenti e canali di comunicazione su questioni e in base a programmi definiti da altri);
°quello manageriale (progetto programmi di intervento e ne coordino l'esecuzione in base a obiettivi organizzativi decisi da altri);
° quello strategico (aiuto l'organizzazione a migliorare le sue decisioni ascoltando e interpretando le aspettative dei pubblici influenti e aiuto i miei colleghi delle altre funzioni a sviluppare i loro sistemi di relazione con i loro pubblici influenti assicurando un minimo di coerenza nei comportamenti comunicativi dell'organizzazione).
Esistono, consolidate nel tempo, alcune funzioni 'core' che le organizzazioni attribuiscono direttamente ai relatori pubblici (relazioni con i media, protocollo, organizzazione eventi, affari pubblici) e altre funzioni 'extended' per la quali il relatore pubblico supporta le attività dei suoi colleghi di altre funzioni (comunicazione interna, finanziaria, di marketing, con i fornitori etc...).
Da questa prospettiva non credo sia in discussione la funzione del relatore pubblico.... sempre però che le sue competenze tecniche, manageriali e strategiche siano non solo consolidate ma anche sempre aggiornatissime, al punto da recare all'organizzazione un valore aggiunto tangibile e misurabile.
Il recente congresso Euprera di Milano ha sanzionato l'avvenuta istituzionalizzazione della funzione.... ma se non portiamo valore aggiunto, faremo la fine di tante altre istituzioni...ed avresti ragione tu.
Grazie per il tuo post molto interessante e per l'ospitalità.
Ringrazio Toni Muzi Falconi, una vera autorità nel campo, per il suo intervento nel mio blog.
Certo non era mia intenzione dipingere uno scenario nero per le relazioni pubbliche, soprattutto adesso che, con l’instituzionalizzazione recentemente sancita, è stato messo un importante punto fermo e indietro non si tornerà di certo.
La mia era, se vogliamo, una provocazione, un invito ai relatori pubblici, soprattutto quelli meno esperti, magari anche quelli di provincia (intesa in senso geografico e non dispregiativo) come la sottoscritta, a non fermarsi accontentandosi di quanto ottenuto finora, ma a continuare a crescere nella propria professionalità che, come dici giustamente tu Toni, è l’unico modo per non perdere terreno rispetto ad altre funzioni che, piaccia o no, hanno alle spalle una storia più consolidata e quindi possono permettersi, a torto o a ragione, di vivere di rendita.
Grazie ancora Toni.
Posta un commento