Le relazioni con i media sono ancora uno dei cardini dell’attività del relatore pubblico. Può quindi capitare, più o meno frequentemente, di dover essere intervistati.
A seconda dell’evento che ha destato l’interesse del giornalista (successo di un nuovo prodotto o evento di crisi, per fare due esempi di situazioni opposte) le domande alle quali si dovrà rispondere saranno più o meno buone o cattive, l’atmosfera più o meno rilassata o tesa.
Ma anche quando le cose volgono al meglio, e l’intervistatore pare un amico (e magari lo è, se si tratta di un giornalista con cui da tempo si intrattengono proficue relazioni) la possibilità di cadere in una trappola, dicendo qualche cosa di sbagliato, o di essere fraintesi, è sempre dopo l’angolo.
Craig Miyamoto, esperto americano di relazioni pubbliche, riporta le migliori risposte alle domande trabocchetto, tratte da The Book of Executive Politics, del National Institute of Business Management.
“Che cosa fareste se”. Vera e propria domanda trabocchetto alla quale non si deve mai rispondere facendo supposizioni che porterebbero in chissà quale ginepraio. Anche se l’intervistatore insiste, proponendo eventualità concrete, cercare di resistere e non rispondere. Limitarsi a replicare che non si desidera speculare sul futuro.
“Avete fatto..sì o no ?” Vietato prendere alla lettera la domanda dando come risposta semplicemente un sì o un no come vorrebbe il giornalista. Rispondere descrivendo quello che si è fatto.
“Qual è la vostra priorità numero uno ?” Se la situazione che l’azienda deve gestire è complessa scegliere una sola priorità farà apparire automaticamente trascurate le altre questioni. Rispondere dicendo che ci si sta occupando di molte questioni e opzioni, che sono di primaria importanza, ed elencarle tutte.
“Questo non lo scrivo”. Un vecchio trucco per saperne di più facendo finta di voler tenere l’informazione confidenziale. Al quale bisogna rispondere sempre con qualcosa che si è assolutamente disposti a vedere scritto, dato che se l’informazione è ghiotta il giornalista non la tacerà.
“Quale opzione sceglierete, la uno o la due ?” La domanda restringe il campo a due scelte, di vario contenuto, comportando una scelta obbligata che rischia di mettere con le spalle al muro. Meglio rifiutarsi di farsi costringere a scegliere una delle due e rispondere con quello che si intende fare, anche se esula dalle opzioni proposte.
“Ovviamente non volete…” (in tono affermativo). Non si tratta di una domanda ma di un’affermazione per suscitare una reazione emotiva di qualche tipo. La cosa migliore è trasformare l’affermazione in una domanda e poi rispondere. Se il giornalista parte con: “ovviamente non siete interessati a non danneggiare l’ambiente”, la si gira in domanda; “se mi sta chiedendo che cosa siamo disposti a fare per non danneggiare l’ambiente le rispondo che i nostri programmi prevedono…”
“Come reagiranno i vostri concorrenti ?” Qui ci viene richiesto di fare delle supposizioni che potrebbero riverlarsi avventate. Il consiglio è quello di rispedire la palla al mittente con un “perché non lo chiede a loro ?”
Prepararsi anticipatamente a queste eventualità toglie il controllo dalle mani del giornalista mettendolo saldamente nelle mani dell'intervistato. Questi può così volgere l'intervista a proprio vantaggo, trasmettendo contenuti dai quali l'azienda emerge comunque in un luce positiva.
1 commento:
Si parla di giornalisti USA ovviamente... quelli italiani si guardano bene dal fare domande del genere! (anche perché magari il manager intervistato è il loro editore)
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