venerdì 29 febbraio 2008

Markets are conversations, ma non da Bar Sport

La rivoluzione provocata nel settore della comunicazione d’azienda dall’avvento massiccio dei social media sta imponendo velocemente alle imprese il modello di Grunig della comunicazione simmetrica a due vie, costringendole a un veloce cambio di mentalità.

E’ richiesta maggiore apertura e disponibilità a rapportarsi con l’esterno, soprattutto con i clienti e potenziali tali. Che non accettano più di essere considerati dei sudditi paganti, ma trattati come chi ha il potere di decidere del futuro di un business. Esigendo una conversazione onesta e aperta, da pari a pari.

Mentre le aziende cercano di adeguarsi, si assiste alla crescita del fenomeno speculare, che consiste nello “sbraco” di certi approcci da parte di potenziali clienti (o forse sarebbe meglio definirli curiosi oziosi).

Se lavorate b2c e avete un sito internet con un form di richiesta informazioni, o un’e-mail preposta, capirete al volo quello che intendo dire: messaggi illeggibili pieni di K al posto del ch, zeppi di parole tronche, che sembrano degli sms scritti da quindicenni. Richieste di quotazioni anonime, buttate lì, talmente generiche, incomplete e frettolose, da risultare incomprensibili.
Come se ci si rivolgesse al vicino di casa (magari urlando dal terrazzo), o al ragazzo che serve al banco del Bar Sport (“ué, dammi un po’ due birre come quelle dell’altra volta”).

Ovviamente non tutte le comunicazioni sono così, e forse nemmeno la maggioranza. Ma una volta sarebbe stato impensabile riceverne anche solo una.

E’ chiaro che un’azienda “aperta” è naturalmente portata a una maggiore informalità. Lo stesso strumento e-mail predispone a un linguaggio meno burocratico e formale (ricordate come si scriveva quando si facevano i primi fax ? E i testi di certe lettere sui manuali di corrispondenza commerciale ?).

Ben diverse sono la sciatteria e la maleducazione. Che non dovrebbero proprio essere accettate.

Le aziende hanno dovuto imparare che non bastava la qualità del prodotto, per prosperare, bisognava anche curare lo stile e la forma nel modo di presentarsi (le relazioni pubbliche sono nate anche per questo).
Adesso è venuto il momento di cominciare a educare il pubblico.

3 commenti:

Unknown ha detto...

L'uso di mezzi come la lettera ai tempi o il fax presupponevano un reale interesse (il processo era lento e "costoso") adesso con la possibilità di riempire un form via internet in due minuti è più difficile capire quanto il cliente sia realmente interessato o se invece stia facendo una semplice ricerca di mercato o soddisfando una sua curiosità.
Anche con le lettere arrivavano cose incredibili, comunque ;-)

Ma sono d'accordo, occorre attrezzarsi per rispondere e per presentarsi in modo adeguato.

Mai sottovalutare chi hai davanti, potrebbe presentarsi male ed essere il cliente migliore della tua vita.
E se anche fosse il peggiore meglio che sia comunque soddisfatto.

Enrica Orecchia ha detto...

In base alla mia esperienza ho notato che il cliente che si presenta male è di scarso spessore (nel migliore dei casi non ha minimamente le idee chiare su quello che vuole). Di conseguenza il tutto si risolve con una perdita di tempo per preventivi e informazioni di cui poi non sa che farsi, perché “non aveva valutato..., non aveva visto...non si era accorto... non si era reso conto...” e via con il balbettio. Non mi è mai capitato che un cliente che si presentasse male (ma proprio male come ho descritto nel post) si rivelasse poi un buon cliente. Capisco però che ci possano essere delle eccezioni, ma a me non sono capitate. Con il passare del tempo sono sempre più propensa a dar credito alle apparenze, non perché le preferisca alla sostanza (al contrario) ma perché più ci si fa l’occhio e più si riescono – da come qualcuno si presenta - a percepire tante cose e a evitare delle gran perdite di tempo (che, non dimentichiamolo, vanno a scapito della cura di clienti che invece meritano, eccome).

Anonimo ha detto...

....un saluto...ed un augurio